Intelligenza artificiale e medicina generale
Giampaolo Collecchia
“… La filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero nel mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta… Quando la filosofia dipinge a chiaroscuro, allora un aspetto della vita è invecchiato, e, dal chiaroscuro esso non si lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo” GWF Hegel
L’utilizzo sempre più diffuso di sistemi intelligenti, in grado di apprendere e di decidere, dischiude nuove entusiasmanti frontiere ma nel contempo muta radicalmente la relazione tra l’uomo e la tecnologia. Per dirla con Luciano Floridi, una delle voci più autorevoli della filosofia ed etica dell’informazione, le nuove tecnologie digitali sono divenute forze ambientali, antropologiche, sociali ed interpretative[1]. Si è sviluppata una nuova generazione di macchine capaci di superare le capacità umane in determinati domini o in compiti specifici e di imparare dalle loro stesse esperienze per svolgere azioni spesso non contemplate dai progettisti. Come affermato da J. Kaplan, non è più vero che “i computer fanno solo quello che sono programmati a fare”[2]. La intelligenza artificiale (IA) è già in grado di effettuare diagnosi e prognosi basandosi su una semplice immagine radiologica o su una sola foto di un preparato istologico. In ambito psicoterapeutico sono già in funzione Avatar che competono con gli umani nella terapia dei problemi psichici. Presto tali sistemi saranno disponibili anche sul territorio per l’utilizzo nel setting delle cure primarie.