Trent’anni di EBM: cosa è cambiato, cosa deve ancora cambiare
Giulio Formoso
Riassunto. In generale, medicina basata sulle prove e pratica clinica non devono essere viste come due entità in contrapposizione. La prima suggerisce alcune regole per la realizzazione e la interpretazione degli studi, con l’obiettivo di migliorare la salute del maggior numero possibile di persone. L’insieme dei dati prodotti e la loro applicabilità devono essere interpretati tenendo conto del contesto clinico, delle caratteristiche e delle preferenze dei pazienti. Oltre a queste due realtà complementari, l’autore considera i problemi posti dalle linee guida, che possono sicuramente rivelarsi utili a patto che integrino in modo trasparente l’analisi delle prove disponibili con la valutazione della loro applicabilità e rilevanza riducendo il rischio di conflitti di interesse. Infine, l’articolo affronta sinteticamente il problema della formazione alla cultura della medicina basata sulle prove, segnalando le attività che a livello internazionale cercano di educare bambini e adolescenti al pensiero critico con riguardo alla propria salute.
Premessa Se pensiamo che 30 anni fa si usava la calcitonina per l’osteoporosi, l’evidence-based medicine (EBM), definita come «l’uso coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori prove disponibili nel prendere decisioni riguardo i singoli pazienti»1 , la pratica clinica un po’ l’ha cambiata. Il ruolo fondamentale di Alessandro Liberati nel promuovere la EBM in Italia è noto2 . Esistono almeno due livelli ai quali la EBM può agire: a monte, nei processi di approvazione delle autorità regolatorie; e a valle, nella pratica clinica. Una certa attenzione al rigore rappresentato dai criteri della EBM condiziona anzitutto le scelte sulla selezione e sulla rimborsabilità (in particolare dei farmaci) fatte dalle agenzie regolatorie, scelte che (come alla fine fu per la calcitonina) dovrebbero rispecchiare la disponibilità di dati scientificamente rigorosi sui benefici e sui rischi dei prodotti e sulla loro applicabilità. L’applicazione di criteri EBM ha per esempio consentito, attraverso la nota AIFA 963 , di ridurre in modo importante gli usi di vitamina D non supportati da evidenze, anche se nonostante ciò questa vitamina resta uno dei farmaci più prescritti in Italia (contrariamente a quanto avviene in altri Paesi)4 . Non bisogna tuttavia nascondere che, nei processi di approvazione, negli ultimi 10 anni si è osservata una tendenza a rilassare il rigore.