Tutti i problemi del primo farmaco anti-Alzheimer
Negli scorsi giorni, infine, è arrivato l’inglorioso epilogo: i risultati di un’indagine del congresso americano puntano il dito contro quella che viene definita senza mezzi termini una “collaborazione atipica e piena di irregolarità” tra Fda e azienda produttrice durante le fasi di approvazione di Aducanumab, e sottolineano come il prezzo di lancio, elevatissimo (di cui avevamo già parlato), sia stato deciso con un unico criterio in mente: massimizzare i profitti, in barba alle necessità dei pazienti e ai problemi di budget che avrebbe creato ai sistemi sanitari.
L’indagine
Il rapporto è frutto del lavoro di due comitati della Camera del congresso americano, che per 18 mesi hanno indagato sull’approvazione, il marketing e processi che hanno portato alla scelta del prezzo di vendita di Aducanumab. Un’indagine partita a pochi giorni dalla decisione della Fda di garantire al farmaco un’approvazione accelerata, un percorso privilegiato che a differenza della procedura standard non richiede prove di efficacia dirette ma può basarsi anche sui cosiddetti endpoint surrogati (in questo caso, la riduzione di placche amiloidi nel cervello, a cui non è detto che segua l’effettiva riduzione dei sintomi cognitivi), scelta che sollevò fortissime polemiche, in America e non solo, culminate nelle dimissioni di tre membri del panel di esperti indipendenti dell’agenzia.
Come ricorda il documento, nel marzo del 2019 Biogen aveva interrotto i trial clinici con l’Aducanumab, in seguito ad un’analisi indipendente dei risultati (ad interim) dello studio Engage, che aveva giudicato futile proseguire le ricerche, per via delle scarsissime probabilità che il farmaco, per quanto visto fino a quel momento, si rivelasse effettivamente efficace nel rallentare il declino cognitivo e funzionale dei pazientI.
Nel novembre del 2020, inoltre, Fda e Biogen presentarono un documento congiunto di fronte al comitato consultivo per l’approvazione dei farmaci neurologici della stessa agenzia, per sostenere l’efficacia di Aducanumab in vista della valutazione della richiesta di immissione in commercio. Una procedura che solitamente viene utilizzata, e di rado (è accaduto appena nove volte in passato), solamente per farmaci oncologici di provata urgenza, e sulla cui efficacia esiste un ampio consenso all’interno della stessa agenzia, che per il monoclonale di Biogen, come dettagliato nel rapporto del congresso, mancava completamente. Tanto che tutte le tappe di questo percorso (che si concluse comunque con una votazione contraria all’approvazione di Aducanumab con il percorso tradizionale), sarebbero state valutate irrituali dagli stessi comitati di controllo interni dell’Fda.
Dopo un secondo parere negativo, questa volta arrivato nell’aprile del 2021, l’Fda cambiò quindi, repentinamente, rotta, avvertendo l’azienda che il farmaco sarebbe stato valutato, e in tempi record approvato, attraverso una procedura accelerata. Le indicazioni terapeutiche del farmaco, inoltre, vennero allargate al momento dell’approvazione fino a comprendere qualunque persona affetta da Alzherimer, indipendentemente dallo stadio di sviluppo della malattia. Decisione presa contro il parere degli stessi esperti di Biogen, che ritenevano più sicuro riservare il medicinale per la tipologia di pazienti che avevano partecipato ai trial (persone con Alzheimer in fase iniziale), per evitare ricadute negative per la credibilità dell’azienda. Tutti questi indizi, secondo gli autori del nuovo rapporto, indicano una relazione anomala tra azienda e agenzia regolatoria, che sembra travalicare il giusto interesse volto a mettere a disposizione dei pazienti americani farmaci potenzialmente utili.